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La responsabilità del medico per omessa diagnosi.

La responsabilità del medico per omessa diagnosi.

La Corte di Cassazione si è occupata, con la sentenza 50975/17, di un caso piuttosto comune: quello del medico che omette di diagnosticare una grave malattia che diventa, per non essere tempestivamente curata, definitivamente incurabile e che conduce a morte il paziente.

Il caso

Una signora della provincia di Bari, lamentando astenia, forti dolori addominali e calo di peso, chiedeva la consulenza di uno specialista. Costui alla prima visita prescriveva una serie di esami volti ad individuare una eventuale patologia gastrica; alla seconda visita consigliava la ripetizione entro tre mesi di ecografia e markers tumorali e alla terza visita (sollecitata dalla stessa paziente che lamentava un acuirsi della sintomatologia) escludeva la presenza di un tumore, e nonostante la TAC e l’ecografia fornissero risultanze contraddittorie si limitava a prescrivere una colonscopia.

Trascorrevano i mesi senza che il medico ricontattasse la paziente per sincerarsi delle sue condizioni di salute, e anzi si rendeva irreperibile durante il periodo estivo e ometteva di rispondere al telefono.

A questo punto la signora si rivolgeva ad altro specialista che, a seguito di analisi, diagnosticava un tumore al pancreas, ormai diffuso ai polmoni e perciò non più utilmente operabile, che in poco tempo ha provocato il decesso della paziente.

Il processo

I parenti della signora hanno quindi denunciato il primo medico per omicidio colposo, affermando che una diagnosi tempestiva avrebbe permesso di affrontare chirurgicamente il tumore nelle sue prime fasi, con conseguente alta possibilità di sopravvivenza nel lungo periodo.

Il medico si è difeso sostenendo di aver fatto riferimento, per la propria diagnosi, a esami medici e referti fatti da altri professionisti, che escludevano la presenza di un tumore al pancreas e che comunque, essendo il suddetto tumore tra i più aggressivi conosciuti in medicina, l’esito letale non si sarebbe potuto evitare con una diagnosi precoce.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione al medico. La Corte di Cassazione ha però ribaltato queste decisioni, affermando importanti principi di diritto che dovranno essere tenuti da conto in tutti i successivi casi di omissione di diagnosi.

La decisione della Corte di Cassazione

Ha sostenuto la Suprema Corte che in tema di colpa professionale medica l’errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi.

In virtù di tale principio, qualora il medico ometta di eseguire o disporre tutti i controlli necessari per poter formulare una diagnosi corretta, e a seguito di questa omissione lo stato fisico del paziente peggiori per l’avanzare della malattia, o addirittura muoia, il medico sarà considerato responsabile penalmente e civilmente, e perciò obbligato al risarcimento del danno sotto un duplice profilo:

  1. per perdita di chance diagnostiche, per avere cioè, offrendo al paziente una diagnosi errata e consolatoria fondata su carenza di analisi cliniche, impedito che costui si attivasse per individuare tempestivamente la propria malattia quando ancora esisteva la possibilità di affrontarla utilmente con un intervento chirurgico o farmacologico;
  2. per l’accelerazione dell’esito mortale, in quanto se è vero che talune malattie hanno un esito infausto quasi certo, e pertanto il medico non può essere responsabile per la morte del paziente, costui resta comunque responsabile per l’accelerazione di tale esito, e quindi per la sottrazione al paziente di un prolungamento, comunque sia, della propria vita.
Avv. Sergio Spina